ITALIANI E RESIDENZA FISCALE ALL’ESTERO

La residenza fiscale estera può offrire una serie di vantaggi per le persone fisiche italiane. Scopri come funziona nell’articolo dedicato.
residenza fiscale estero
INDICE

INTRODUZIONE

Negli anni mi sono reso conto, dialogando con diversi investitori stranieri nei vari angoli dell’Europa, che spesso il tema della residenza fiscale estera viene appreso in maniera frettolosa e carente, nonostante sia il primo criterio che il fisco italiano utilizza per distinguere chi deve qualche tributo all’Italia e chi no. Vorrei per semplicità affrontare l’argomento solo concettualmente evitando i riferimenti normativi che potrete approfondire navigando in Internet.

LE BASI

Poiché è spesso interesse dell’investitore ottenere una residenza fiscale estera, partiamo dalla seguente considerazione:

  1. Per ottenere una residenza fiscale estera, devo da un lato soddisfare le esigenze dello stato estero in cui mi trasferisco, per ottenere secondo le sue leggi, il diritto alla residenza fiscale in quello stato;
  2. Contemporaneamente devo soddisfare i requisiti del mio stato di appartenenza (nello specifico di questo articolo, quello italiano) per determinare i requisiti di esclusione dalla residenza fiscale in quello stato.

Facciamo un esempio: io cittadino italiano con residenza fiscale in Italia mi trasferisco in Moldavia. Nel tempo ottengo il certificato di residenza fiscale in Moldavia poiché ne soddisfo i requisiti richiesti. Mi basta per avere diritto alla residenza fiscale estera anche agli occhi del fisco italiano? Certamente no! Lo stato italiano, per concederti una cittadinanza fiscale estera, ti chiede dei requisiti molto più vincolanti di quanto richiesto dalla Moldavia.

I REQUISITI

Oggi voglio appunto parlare di questi requisiti mettendo la questione al contrario e cioè:

Si è residenti in ITALIA se permane almeno una di queste 3 (vedremo poi che in realtà sono 4) condizioni:

  1. o si è iscritti all’ANAGRAFE ITALIANA per almeno 183 giorni all’anno solare (184 se bisestile)
  2. o se si ha una RESIDENZA in Italia
  3. o se si ha un DOMICILIO in Italia

detto in altri termini, per non essere residente fiscalmente in Italia, tutte queste 3 opzioni devono essere escluse.

Sul punto 1 non c’è molto da chiarire.

Sul punto 2: La residenza è definita dal Codice civile come “il luogo in cui la persona ha la dimora abituale” ed è legata alla permanenza del soggetto in un luogo in maniera sufficientemente stabile e all’intenzione di dimorarvi.
Con riferimento all’aspetto temporale, per definire la dimora come “abituale”, il criterio adottato al legislatore è quello della prevalenza numerica: sono considerati residenti i soggetti che si sono trovati in una delle condizioni indicate sopra per almeno 183 giorni (184 giorni negli anni bisestili), anche non continuativi. La residenza, quindi, non verrà meno per assenze più o meno prolungate, dovute alle particolari esigenze della vita moderna, quali ragioni di studio, di lavoro, di cura o di svago all’estero.

Sul punto 3: Il domicilio, invece, è determinato dalla concentrazione in un determinato luogo degli affari e interessi della persona, senza che sia necessaria la sua presenza effettiva in tale luogo, e dalla volontà di costituire e mantenere in un determinato luogo il “centro” principale della generalità dei rapporti.

Il concetto di domicilio consiste, quindi, principalmente in una situazione giuridica che, prescindendo dalla presenza fisica del soggetto, è caratterizzata dall’elemento soggettivo, cioè dalla volontà di stabilire e conservare in quel luogo la sede principale dei propri “affari ed interessi”.

La locuzione “affari ed interessi”, un tempo limitata al settore economico e patrimoniale del soggetto, deve intendersi, per unanime interpretazione giurisprudenziale, in senso ampio, comprensivo non solo di rapporti di natura patrimoniale ed economica ma anche morali, sociali e familiari.

Ecco che quindi possiamo aggiungere un altro elemento ai 3 punti appena discussi:

4) o se si hanno gli AFFETTI più diretti (figli, moglie ecc.) in Italia

A suon di sentenze la giurisprudenza ha recepito le interpretazioni della Amministrazione finanziaria secondo la quale, anche nel caso di un soggetto iscritto all’AIRE ed esercente attività di lavoro autonomo all’estero, la residenza fiscale in Italia si concretizza qualora “la famiglia dell’interessato abbia mantenuto la dimora in Italia durante l’attività lavorativa all’estero”.

Va sottolineato che il tema del rapporto di prevalenza tra interessi economico/patrimoniali e quelli personali/affettivi è tutt’oggi ancora dibattuto, e non vi è un cristallino orientamento da parte della Suprema Corte di Cassazione (vedi le varie sentenze: n. 6501 del 31 marzo 2015 / n. 12311 del 15 giugno 2016 / ecc..)

Andiamo avanti:

A questo punto possiamo girare la frittata dicendo che, ai fini di ottenere la residenza fiscale estera per il fisco italiano, il cittadino deve innanzitutto (e non solo) avere una residenza anagrafica in uno stato diverso dall’Italia. E nella pratica…

COME CAMBIARE LA RESIDENZA FISCALE?

  • Si va al consolato italiano di competenza nel territorio e ci si iscrive all’AIRE. Va ricordato che tale iscrizione diventa un obbligo del cittadino italiano che si è trasferito stabilmente all’estero per un periodo superiore ai 12 mesi. Lo stesso obbligo lo hanno i cittadini stranieri che hanno acquisito il passaporto italiano ma che però risiedono fuori dall’Italia.
    Non c’è invece obbligo per i cittadini che permangono meno di 12 mesi, per i lavoratori stagionali, per i dipendenti di ruolo dello stato di servizio, i militari in servizio presso gli uffici e le strutture della NATO. (ossia tutti i lavoratori di diritto italiano IN DISTACCO.) (vedi approfondimenti su art. assistenza sanitaria all’estero.)
    Si noti comunque che in caso di mancata iscrizione all’AIRE da parte di chi ne ha obbligo, non scatta nessuna sanzione ma semplicemente il cittadino risulta ancora residente in Italia.
  • Il Consolato chiede il nulla osta all’Ufficio anagrafico dell’ultimo comune di residenza in Italia che effettua la cancellazione dai registri anagrafici italiani (APR) il soggetto richiedente l’iscrizione AIRE.
  • Entro 90 giorni avviene la iscrizione AIRE (nella pratica odierna il tutto generalmente avviene nell’arco di 2-3 settimane). In ogni caso il trasferimento della residenza all’estero ha effetto dal momento della dichiarazione resa all’ufficio consolare. Ciò rappresenta una valida forma di salvaguardia in tutte quelle situazioni in cui, anche solo per ritardi di carattere burocratico, possa sussistere un lasso temporale di una certa significatività tra il momento della domanda e sua ricezione dall’ufficio anagrafico

COS’É L’AIRE E COSA SUCCEDE AI MIEI DIRITTI?

È l’ASSICIAZIONE ITALIANA dei cittadini italiani RESIDENTI all’ESTERO: in pratica una banca dati anagrafici arricchita dai dati dei consolati italiani sparsi nel mondo.

L’iscrizione è gratuita; si ottiene compilando un modulo di richiesta (reperibile nei siti web degli Uffici consolari) dove va allegata documentazione che provi l’effettiva residenza nella circoscrizione consolare (es. certificato di residenza rilasciato dall’autorità estera, permesso di soggiorno, carta di identità straniera, bollette di utenze residenziali, copia del contratto di lavoro, ecc.). Qualora la richiesta non sia presentata personalmente va altresì allegata una copia del documento d’identità del richiedente.

L’iscrizione può anche avvenire d’ufficio, sulla base di informazioni di cui l’Ufficio consolare sia venuto a conoscenza.

Quale diritti conferisce?

  • la possibilità di votare per elezioni politiche e referendum per corrispondenza nel Paese di residenza;
  • la possibilità di ottenere il rilascio o rinnovo di documenti di identità e di viaggio, nonché certificazioni (anche nulla osta matrimonio);
  • la possibilità di rinnovare la patente di guida (solo in Paesi extra U.E. come ad esempio la Moldavia);
  • I ragazzi minorenni non hanno il dovere di iscriversi alle scuole dell’obbligo in Italia;
  • la possibilità di ottenere rimborso iva sulle merci acquistate in Italia.

Quali diritti si perdono?

Con l’iscrizione all’AIRE si perde comunque il diritto di assistenza sanitaria in Italia.

Vista l’importanza di questa tematica, mi preme sottolineare che vi sono molti distinguo da fare relativamente alla scelta dello stato in cui mi sono trasferito e iscritto all’AIRE, pertanto per approfondimenti e specifiche, vi rimando all’articolo dedicato alla Assistenza Sanitaria per i residenti all’estero.

Trascurando i vari distinguo, in generale possiamo dire che: oltre alla perdita del MEDICO DI BASE il cittadino italiano perde il diritto alla assistenza sanitaria ospedaliera tramite Mutua e il diritto di acquistare medicinali tramite il Ticket.

Si tenga comunque presente che un soggetto espatriato che rientra temporaneamente in Italia (per vacanza o visita alla famiglia di origine) ha diritto ad una assistenza sanitaria nazionale limitata:

  • alle sole prestazioni URGENTI ospedaliere di malattia, infortunio e maternità;
  • per un periodo massimo di 90 giorni annui (anche non continuativi);
  • l’assistenza specialistica è limitata alle visite ed accertamenti diagnostici nei presidi ed ambulatori pubblici
  • l’assistenza ospedaliera è limitata alle prestazioni in forma diretta negli ospedali pubblici e strutture convenzionate.

Quali obblighi impone?

L’interessato deve tempestivamente comunicare all’ufficio consolare:

  • il trasferimento della propria residenza o abitazione;
  • le modifiche dello stato civile anche per l’eventuale trascrizione in Italia degli atti stranieri (matrimonio, nascita, divorzio, morte, ecc.);
  • il rientro definitivo in Italia;
  • la perdita della cittadinanza italiana.

Ovviamente il mancato aggiornamento delle informazioni, in particolare di quelle riguardanti il cambio di indirizzo, rende impossibile il contatto con il cittadino e il ricevimento della cartolina o del plico elettorale in caso di votazioni.

Quando avviene la cancellazione dai registri AIRE?

  • per iscrizione nell’Anagrafe della Popolazione Residente (A.P.R.) di un Comune italiano a seguito di trasferimento dall’estero o rimpatrio;
  • per morte, compresa la morte presunta giudizialmente dichiarata;
  • per irreperibilità presunta, salvo prova contraria, trascorsi cento anni dalla nascita o dopo la effettuazione di due successive rilevazioni, oppure quando risulti non più valido l’indirizzo all’estero comunicato in precedenza e non sia possibile acquisire quello nuovo.

Cosa comporta il cambio di residenza ai fini fiscali?

Comporta la possibilità del soggetto di rendere conto, per i propri redditi, al solo fisco dello stato estero e non di quello italiano, salvo contenzioso con quest’ultimo per dimostrare che tale residenza estera sia effettiva e non fittizia.

E nel caso di una verifica fiscale, a chi spetta l’onere di provare che la residenza estera sia effettiva e non fittizia?

Si verificano due situazioni distinte:

  1. l’onere probatorio spetta al Fisco se il trasferimento del soggetto è in stati a fiscalità non privilegiata (white list) come ad esempio la Moldavia;
  2. In caso di trasferimento verso stati a “fiscalità privilegiata” (black list) l’onere della prova è invertito ed è a carico del contribuente la dimostrazione dell’effettivo trasferimento all’estero. Soltanto la piena dimostrazione, da parte del contribuente, della perdita di ogni significativo collegamento con lo Stato italiano e la parallela controprova di una reale e duratura localizzazione nel paese fiscalmente privilegiato, indipendentemente dall’assolvimento nello stesso paese di obblighi fiscali, attestano il venire meno della residenza fiscale in Italia e la conseguente legittimità della posizione di non residente.

È opportuno o quanto meno consigliabile, pertanto, che il contribuente che decide di trasferirsi all’estero, che sia un Paese a fiscalità privilegiata o no, predisponga un proprio fascicolo probatorio che sia idoneo a dimostrare l’effettività del trasferimento della residenza nell’eventualità che gli Uffici Finanziari possano richiedere maggiori informazioni. Si tratta di una tutela, per il contribuente onesto, che in caso di accertamento ha la possibilità di provare agevolmente ed in maniera pratica ed oggettiva la sua permanenza all’estero.

Altrettanto, si può fornire, in modo speculare, la prova negativa di collegamento con l’Italia, fornendo elementi che provino la cessazione di analoghi rapporti con l’Italia ovvero la perdita di ogni significativo collegamento con lo Stato italiano. Ovviamente non è richiesto che ogni rapporto con l’Italia venga meno, ma solo che la valutazione complessiva dei rapporti porti alla ragionevole conclusione che il complesso degli interessi è prevalente nello stato estero, tale da scongiurare l’ipotesi di trasferimento solo fittizio.

La prassi dell’Amministrazione finanziaria, così come del resto ha individuato alcuni indici significativi, da tenere in considerazione nella valutazione della residenza, rappresentati essenzialmente dalla disponibilità di un’abitazione permanente; dalla presenza della famiglia; dal luogo di accreditamento dei proventi (ovunque conseguiti); dalla partecipazione a riunioni d’affari; dalla titolarità di cariche sociali; dal sostenimento di spese alberghiere o di iscrizione a circoli; dall’organizzazione della propria attività e dei propri impegni, anche internazionali, direttamente o attraverso soggetti operanti nel territorio italiano…. (e molto altro ancora).

Alcune osservazioni tecniche:

L’Amministrazione finanziaria, in collaborazione con i Comuni, realizza una specifica attività di vigilanza volta ad ostacolare il fittizio trasferimento all’estero della residenza, per ottenere vantaggi fiscali.

Entro 6 mesi da ogni richiesta di iscrizione all’AIRE, il Comune conferma all’ufficio dell’Agenzia delle Entrate competente in relazione all’ultimo domicilio fiscale del contribuente, che questi ha effettivamente cessato la residenza in Italia. Per i successivi 3 anni, poi, il Comune deve vigilare sulla persistenza della cessazione della residenza in Italia.

Inoltre, i dati di coloro che richiedono l’iscrizione all’AIRE sono resi disponibili all’Agenzia delle Entrate entro 6 mesi dalla richiesta di iscrizione Aire. Questo, al fine della formazione di liste selettive per i controlli relativi ad attività finanziarie e investimenti patrimoniali esteri non dichiarati.

In poche parole, capiamo cosa comporta il cambio di residenza ai fini fiscali: un monitoraggio del fisco che per qualche anno ci marca stretti…

CONCLUSIONI

Alla fine di questa chiacchierata, è evidente che chiunque voglia trasferire la propria residenza fiscale all’estero deve, seguito dal suo consulente di fiducia, porre in atto un disegno dettagliato del comportamento da adottare relativamente alla propria situazione, propri beni, attività, interessi, affetti e quant’altro al fine di giustificare e difendere la sua posizione di residente effettivo all’estero avente diritto alla sola imposizione fiscale estera. E poiché il Fisco italiano non molla l’osso tanto facilmente, abbiate cura di preparare bene l’espatrio, che è un processo premeditato e rigoroso. Per i vecchi come me, è lucido il ricordo di personaggi italiani famosi che hanno sottovalutato questo aspetto pretendendo e millantando un domicilio fiscale estero poi smontato dalle verifiche del fisco. Lo slogan è sempre quello: prevenire è meglio che curare.