IL QUESITO
Sappiamo già tutto sulla residenza fiscale estera giusto? (giurate di aver letto l’articolo dedicato!).
Ma cosa succede se una persona fisica si trasferisce all’estero in corso dell’anno e si trova di fronte ad una doppia residenza fiscale?
Per dare una risposta ci viene incontro l’articolo 4 modello OCSE, le cosiddette “tie breaker rules” che definisce un criterio gerarchico per stabilire una unica residenza.
COME NASCE UNA DOPPIA RESIDENZA?
Sappiamo che ogni stato elenca dei criteri specifici (criteri “domestici” ossia “nazionali”) per definire il soggetto ivi residente, ma questi criteri possono essere anche molto diversi da stato a stato. Così può succedere che nel trasferimento del soggetto dallo stato A allo stato B in una determinata data, sia lo stato A che B ritengano il soggetto ivi residente per tutto o solo per un determinato periodo dell’anno in cui è avvenuto quel trasferimento. Si crea insomma un “conflitto di residenza” (vedi dettagliati esempi nell’articolo di approfondimento “split-years”) ossia il soggetto è fiscalmente residente in entrambe gli stati.
Per superare questo conflitto, le “tie breaker rules” (regole di “spareggio”) hanno elencato in ordine di priorità (ordine gerarchico) i fattori che definiscono l’attribuzione a uno o all’altro stato la residenza fiscale del soggetto, che deve appunto essere una e una sola.
COSA SI INTENDE PER ORDINE PRIORITARIO/GERARCHICO?
Si intende che i criteri vanno valutato partendo dal primo al quinto, e che soddisfatto un criterio, i successivi non sono più influenti in quanto meno prioritari (ossia di grado minore). La gerarchia serve a risolvere quelle situazioni in cui due o più criteri vengano contemporaneamente soddisfatti ma in stati diversi. Vince insomma lo stato dove il soggetto soddisfa il criterio più prioritario.
Questi criteri sono:
- I) ABITAZIONE PERMANENTE: la residenza coincide con il luogo in cui il contribuente possiede un’abitazione permanente (in proprietà o affitto) che, disponendo di una adeguata organizzazione, consente una lunga e non occasionale permanenza (diversamente da un viaggio per vacanza, affari o lavoro che rappresenta invece una permanenza occasionale).
Nota: la disponibilità di una abitazione può avvenire anche attraverso la intestazione per interposta persona; inoltre è pressi considerare “rilevante” una disponibilità abitativa per periodi superiori ai 90 giorni.
E se un soggetto avesse una dimora in entrambe gli stati? O in nessuno di essi? Allora si passa al punto successivo: - II) CENTRO DEGLI INTERESSI VITALI: è il luogo dove il soggetto ha più strette relazioni personali ed economiche. Qui ci mettiamo dentro di tutto; dal lavoro alla famiglia, dal commercio agli interessi culturali o politici ecc.
E se il soggetto ha gli interessi affettivi in uno stato ed economico-patrimoniali nell’altro? Si passa allora al punto successivo: - III) SOGGIORNO ABITUALE: non ci si riferisce ad un tempo minimo calcolato sui giorni trascorsi in uno stato bensì si valuta l’attitudine del soggetto a preferire quello stato per abitudine.
Difficile da stabilite vero? Allora passiamo al passo successivo: - IV) NAZIONALITA’: tutto facile se non ci troviamo di fronte a soggetti con 2 o più nazionalità! In questo caso:
- V) ACCORDO FRA LE AUTORITA’ COMPETENTI DEI DUE PAESI CONTRAENTI: a mali estremi, estremi rimedi! Quando nessuno dei criteri precedenti viene soddisfatto in maniera inequivoca, non resta che risolvere la questione tramite un comune accordo tra gli stati contraenti.
In base a tutti questi criteri gerarchici diventa quindi possibile valutare la posizione di un contribuente. Si tenga comunque conto che le circostanze del soggetto devono essere valutate nel loro complesso e il comportamento personale dell’interessato deve essere considerato in modo particolare, e per un periodo temporale non breve.
Nella stragrande maggioranza dei casi, quando il criterio (I) non è attribuibile, la questione si risolve nei punti (II) e (III).
Le “tie breaker rules” si possono applicare anche alle singole frazioni del periodo di imposta.
SITUAZIONI PARTICOLARI
abbiamo visto che per evitare le doppie imposizioni conseguenti ad una doppia residenza fiscale, sono nate delle convenzioni (OCSE) tra gli stati aderenti che aiutano a redimere il conflitto di doppia residenza fiscale. Ma queste convenzioni valgono per tutti gli stati?
NO! vi sono dei casi particolare di convenzione tra stato e stato che rispettano regole specifiche. Vediamo le più importanti convenzioni per il cittadino italiano:
- Convenzione tra ITALIA e GERMANIA (vai all’articolo split-year);
- Convenzione tra ITALIA e SVIZZERA (vai ancora all’articolo split-year);
- Convenzione tra ITALIA e GIAPPONE: in questo caso non sono contemplate regole per redimere i conflitti di residenza fiscale, e trovare un accordo relazionando le autorità competenti dei due stati è pressoché impossibile. Quindi per l’italiano espatriato in Giappone si finisce per “prendere per buono” il criterio normativo italiano (norma “domestica”);
- Convenzione tra ITALIA e BULGARIA: in questo caso il criterio (I) della “abitazione permanente” non è contemplato, per cui diventa cruciale il secondo requisito (II) del “centro degli interessi vitali”; nell’impossibilità di determinare questo accordo, si passa al punto (IV);
- Convenzione tra ITALIA e IRLANDA: secondo questa convenzione, per un espatriato italiano, trascorrere almeno 91 giorni l’anno in Irlanda comporta il trasferimento della residenza in Irlanda;
- Convenzione tra ITALIA e SVEZIA: questa convenzione definisce che per uno svedese con doppia residenza (Svezia e Italia), in virtù della disposizione svedese detta “regola dei tre anni”, le Autorità competenti degli Stati contraenti risolvono, di comune accordo, la questione della residenza fiscale, in deroga a quanto previsto dalle “tie-breker rules”.
CONCLUSIONI
in un modo o nell’altro, ogni coppia di stati cerca a modo suo di trovare un accordo per superare il conflitto della doppia residenza fiscale, (che implicherebbe poi una doppia imposizione).
La attribuzione della residenza fiscale non è sempre una questione semplice ed inequivocabile. Ancora una volta vale quindi il consiglio di pianificare il proprio espatrio considerando preventivamente i parametri d’attribuzione della residenza concordati tra lo stato di residenza fiscale precedente e successivo, il tutto dipendentemente dalla propria nazionalità. Questa pianificazione aiuterà l’espatriato a raccogliere la documentazione talvolta determinante a sciogliere eventuali contraddittori con le autorità competenti.
Insomma… se avete avuto la forza di informarvi a 360 gradi sullo stato cui intendete espatriare, avrete capito quante cose vadano considerate e studiate. Siete allora d’accordo con me, nel ritenere che non si espatria “per caso”, e che chi lo fa senza cognizione prima o poi torna presto indietro?